IL SANTO
Rappr. di San Cipriano
aTascio Ceciliano Cipriano, uno scrittore pagano di retorica, si convertì al Cristianesimo ca. nel 246 e solo due anni dopo divenne vescovo di Cartagine. Nel 249, all'inizio delle persecuzioni, ordinate dall'imperatore Decio (249-251), Cipriano fuggì per poi tornare nel 251 a Cartagine. Qui si trovò a fronteggiare il problema dei lapsi (caduti), coloro i quali avevano negato la fede cristiana durante la persecuzione. Cipriano si lamentò che la Chiesa riammettesse con troppa leggerezza i lapsi, senza una minima penitenza, istituì una disciplina a riguardo e scomunicò nove sacerdoti, che avevano perdonato con troppa tempestività. Anche a Roma, Papa Cornelio (251-253) adottò questa procedura con penitenza, ma fu contestato duramente da un gruppo di rigoristi, contrari a qualsiasi perdono per gli apostati. Per cercare di portare un po' di serenità nella Chiesa, il neo eletto Papa Stefano I (254-257) aveva deciso di far ribattezzare i lapsi e aveva proclamato che questo sacramento era valido anche se era stato eseguito da preti scomunicati: Stefano comunicò la sua decisione a Cipriano, intimandogli di attenersi alla disposizione in questione. Cipriano prese malissimo l'aut - aut e convocò un concilio di vescovi africani, sempre molto gelosi della loro indipendenza gerarchica. Il sinodo africano affermò l'autonomia nelle decisioni e il convincimento che il battesimo amministrato dagli scomunicati era nullo. La situazione precipitò e dopo un secondo concilio nel 256, Stefano scomunicò Cipriano. Ma erano tempi bui per il Cristianesimo e, poco dopo, durante le persecuzioni di Valeriano (257-258), dopo essere stato esiliato a Curubis, fu decapitato il 14 Settembre 258. Con la morte di C., passò nell'oblio la scomunica inflittagli ed anzi egli fu proclamato santo.
IL SANTUARIO
Il motivo per cui tale Santuario sia stato dedicato a San Cipriano resta ancora un mistero, ma se si fa riferimento alle ricostruzioni storiche su Figlioli, si troverà traccia di una pestilenza che ha distrutto il villaggio. Il Santo è stato testimone della cosiddetta "Epidemia di San Cipriano", una pestilenza che sconvolse l'Impero Romano tra il 251 e il 270 d.C. e che arrivò a mietere 5000 vittime al giorno nella solo Roma. Il santuario quindi, costruito dai superstiti, molto probabilmente testimonia la riconoscenza al Santo, che tanto si prodigò per i malati cartaginesi, da parte dei superstiti alla violenta pestilenza che ha decimato la popolazione figliolese.
Il Santuario sorge a nord-ovest della vallata montorese e domina il piccolo paese di Figlioli. L' antico tempio è oggi abbandonato e la sua chiesa è in rovina. Dai ruderi si evidenzia che la chiesa era piccola. Accanto ai ruderi d'ingresso vi è una cisterna piena di sassi e pietre di varie dimensioni. E' presente un affresco, sbiadito e rovinato che domina il piccolo altare maggiore. Esso raffigura la Vergine seduta, che indossa una veste rossa, un manto azzurro con un velo bianco poggiato sul capo. Ai suoi piedi vi sono San Cipriano e Sant' Agostino, considerati fratelli secondo la trazione (erroneamente), che rivolgono lo sguardo a Maria. Degli angioletti fanno capolino tra delle nuvole nella parte superiore dell' affresco. Sui ruderi dell'altare, ai piedi dell'affresco, vi è un foro, che probabilmente accoglieva il tabernacolo. Lateraralmente all'altare vi sono due porticine che conducevano alla sagrestia, un ambiente piccolo a forma di semicerchio. Sulla parete alla sinistra dell'altare vi è una piccola finestra, in una parete quasi intera; in una porzione della parete alla destra, vi è una piccola nicchia e il resto della parete è completamente distrutto. Sul lato sinistro dell'edificio vi erano delle piccole stanzette dove alloggiava il monaco, custode del tempio. Da alcuni anni, un gruppo di volontari hanno ridato luce, in collaborazione con l' Associazione IRIS, ai ruderi sepolti da sedimenti e calcinacci. Inoltre, con l'aiuto della Comunità Montana Irno - Solofrana, è stato sistemato l'ultimo tratto di strada per raggiungere il Santuario tramite la costruzione di alcuni gradoni; sempre lungo questo tratto finale sono stati realizzati dei passamano in legno e, nello spazio piano adiacente alla chiesa, è stata creata una piccola area pic-nic con un tavolo, degli sgabelli e delle panche in legno. |
TRADIZIONI POPOLARI
Era tradizione, nel passato, rivolgersi a San Cipriano per ottenere la pioggia benefica per i campi durante i periodi di siccità. Un grande pellegrinaggio espiatorio partiva dalla frazione Borgo e si recava al Santuario, portando in processione la statua di San Domenico. Questi, secondo i fedeli, era considerato il fratello di San Cipriano e un ulteriore mediatore per le loro richieste. I fedeli penitenti portavano sulle spalle grosse pietre che venivano ammucchiate all'ingresso della chiesetta. Tutti partecipavano alla Santa Messa e alla fine della celebrazione la pioggia scendeva a catinelle. Alla fine, prima di lasciare il Santuario, si versava un secchio d'acqua sulla statua di San Cipriano, invocando:
"Nnuie refrescammo a te,
e tu refresca chesta terra nosta."
e tu refresca chesta terra nosta."
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