FIGLIOLI
Montoro (AV)
Figlioli è una piccola e simpatica frazione di circa 620 abitanti dalle tradizioni contadine quasi intatte. E’ uno devi villaggi più antichi di Montoro: In epoca preromana vi era un insediamento di modeste dimensioni a carattere agricolo, nella zona collinare a sud ovest del Monte Salto. Secondo il prof. D’ Alessio, in questo insediamento vi era insediata gente di origine “Opica”, proveniente dal territorio sarnese agli inizi del VI secolo a.C., che era in rapporti commerciali con gli Elleni della costa salernitana. In questo abitato sono stati ritrovati tracce di materiale ad impasto, ceramica fornita del caratteristico cordone con motivi a ditate, resti di mattoni ad impasto, piccoli recipienti carenati, anse a nastro. Materiale questo che ha avvalorato, secondo il professore, una presenza abitativa nell’ età del ferro (1000 a.C.). Questo, in base anche ai ritrovamenti archeologici riferiti ad epoche successive, dimostra una continuità abitativa mai venuta meno per circa un millennio. Pertanto, sicuramente ci sarà stato un susseguirsi ed un mescolarsi di culture e popoli antichi, tesi avvalorata dai seguenti ritrovamenti:
La villa Rustica invece, scoperta dal prof. D’Alessio, era costruita a guisa di piccola fortezza, in quanto aveva spesse mura (alla base uno spessore di 5-6 m), per tutto il perimetro della casa. Il sistema di costruzione del pavimento ha permesso di stabilire che la villa è stata edificata tra il I° ed il III° secolo a.C. Inoltre, secondo l’Abate Galiani, in località Ferriera, sino al 1947 erano ancora visibili dei ruderi dell’acquedotto romano. |
Durante il periodo Bizantino (dal 548 d.c.), tra Figlioli e Piazza di Pandola, si insediò un accampamento militare: tale luogo è conosciuto come “Campo dei Greci”, nome che testimonia la presenza militare bizantina a Montoro. Secondo tradizioni popolari, Campo dei Greci fu teatro anche della battaglia tra Goti e Bizantini. Nel 553 i Goti vennero definitivamente sconfitti a seguito della sanguinosa battaglia dei monti Lattari ma nel 566 arrivò la peste che seminò morte e disperazione. Verosimilmente, il Casale Filiolo, che sorgeva alle pendici del Monte Salto, sarebbe rimasto deserto, risorgendo più tardi, al rifiorire dell’agricoltura e del commercio, nel luogo dove oggi è ubicato. Ai Bizantini, rimasti padroni incontrastati del territorio campano, subentrarono i Longobardi i quali, a seguito di una nuova guerra, li sconfissero. Pertanto, Figlioli ebbe una certa importanza dal 500 a.C. circa al 566 d.C., anno cui la tradizione popolare lo vuole deserto per via della peste.
Il Nome Figlioli secondo il prof. Fiore, deriverebbe dal Greco “fiolios-olos”, cioè animato soltanto da sentimenti amichevoli, più brevemente pieno di amici (riferito al paese). Tale caratteristica non venne attribuita ad altri popoli incontrati dai greci, che vennero definiti “opicoi”, cioè barbari, in quanto diffidenti verso gli “stranieri”.
L’ altra tradizione, attribuita dallo studioso Flodiola a Michelangelo Testa, famoso matematico di Figlioli, vuole che il nome Figlioli derivi da “alquanti giovanetti che gettavano le prime fondamenta”. Secondo Vito Federici invece, Figlioli “venne così chiamato per il domicilio dei giovani Goti nella guerra contro i Greci” e che quindi avvalora la tesi del prof. Fiore secondo la quale Figlioli fu ricostruita più a valle dopo la peste del 566. Ma i ritrovamenti che testimoniano la colonizzazione greca intorno al VI° sec. a.C., non possono che confermare l’etimologia del nome dalla lingua greca. Il paese, nel 1526, è indicato come “Casale Figlioli”. Alla fine del 1600, Figlioli possedeva 1 chiesa, 2 cappelle ed una confraternita:
Il paese si snoda lungo l’unica strada che lo attraversa, all’interno è caratterizzato da piccoli vicoli. L’attività agricola, boschiva e l’artigianato delle ceste dei tini ne delineavano l'unicità. Oggi però, tutto questo è stato quasi dimenticato. Per tenerne memoria è stato costituito, dalle famiglie Vitale e Giliberti, il museo della Civiltà Contadina.
Molto sentita è la tradizione della "Mascariata" (mascherata), caratteristica del Carnevale che inizia il 17 Gennaio, giorno di Sant' Antonio Abate ("A Sant Antuon Maschr e Suon" , citazione popolare che tradotta viene: "A Sant'Antonio Maschere e Suoni") e che, di domenica in domenica, finisce il martedì di Carnevale. La Mascherata di Figlioli è composta da un corpo di ballo detto "O' Ndreccio" (l'intreccio) nel quale donne ed uomini, vestiti con abiti tradizionali, reggono un semicerchio infiorato e ballano su una melodia prodotta da un tamburo a bacchetta, una grancassa, da piatti e da una melodiosa ciaramella. L'intreccio è contornato da varie figure e della "Zeza": è un canto dialogato recitata da quattro figure: Pulcinella, sua moglie, la figlia Vincenzella e l'innamorato Don Nicola.
L' Associazione IRIS ha a cuore il territorio in cui è nata, per questo sta mettendo in atto una serie di interventi mirati alla riqualifica di aree verdi pubbliche e private lasciate in completo abbandono. Per visionare il nostro operato, basta cliccare qui.
Il Nome Figlioli secondo il prof. Fiore, deriverebbe dal Greco “fiolios-olos”, cioè animato soltanto da sentimenti amichevoli, più brevemente pieno di amici (riferito al paese). Tale caratteristica non venne attribuita ad altri popoli incontrati dai greci, che vennero definiti “opicoi”, cioè barbari, in quanto diffidenti verso gli “stranieri”.
L’ altra tradizione, attribuita dallo studioso Flodiola a Michelangelo Testa, famoso matematico di Figlioli, vuole che il nome Figlioli derivi da “alquanti giovanetti che gettavano le prime fondamenta”. Secondo Vito Federici invece, Figlioli “venne così chiamato per il domicilio dei giovani Goti nella guerra contro i Greci” e che quindi avvalora la tesi del prof. Fiore secondo la quale Figlioli fu ricostruita più a valle dopo la peste del 566. Ma i ritrovamenti che testimoniano la colonizzazione greca intorno al VI° sec. a.C., non possono che confermare l’etimologia del nome dalla lingua greca. Il paese, nel 1526, è indicato come “Casale Figlioli”. Alla fine del 1600, Figlioli possedeva 1 chiesa, 2 cappelle ed una confraternita:
- La chiesa parrocchiale di Santa Maria a Zita, riportata in maniera diversa nei pochi documenti che ne parlano. Nel 1143 viene scritta come “sancte Marie quae Zita dicitur”. Nel 1285 invece viene riportata come “S. Maria Cita”, Nel 1309 è citata quale “S. Mariae Zive que subest monasterio S. Benedicti de Salerno”. La chiesa diviene parrocchia nel 1536. Sorgeva originariamente a livello della strada, ma in seguito a continue alluvioni oggi l’edificio si trova ad un livello inferiore rispetto a quello della strada;
- La Cappella di Santa Maria di Costantinopoli. Oggi Santa patrono del paese, festeggiata la seconda domenica di Agosto con una processione solenne e con una festa organizzata dal Comitato Festa. Il Culto di Maria di Costantinopoli può essere attribuita al dominio bizantino presente a Figlioli;
- La Cappella di San Cipriano sulla collina. Oggi ormai in stato di rudere, ripulito dai volontari del paese, da qualche anno ogni 16 Settembre si giunge al Santuario in processione, partendo dal paese, e poi viene celebrata la santa Messa dal nostro Pastore in carica pro-tempore, Francesco Rimauro;
- La confraternita della Immacolata Concezione di Maria (oggi non più esistente).
Il paese si snoda lungo l’unica strada che lo attraversa, all’interno è caratterizzato da piccoli vicoli. L’attività agricola, boschiva e l’artigianato delle ceste dei tini ne delineavano l'unicità. Oggi però, tutto questo è stato quasi dimenticato. Per tenerne memoria è stato costituito, dalle famiglie Vitale e Giliberti, il museo della Civiltà Contadina.
Molto sentita è la tradizione della "Mascariata" (mascherata), caratteristica del Carnevale che inizia il 17 Gennaio, giorno di Sant' Antonio Abate ("A Sant Antuon Maschr e Suon" , citazione popolare che tradotta viene: "A Sant'Antonio Maschere e Suoni") e che, di domenica in domenica, finisce il martedì di Carnevale. La Mascherata di Figlioli è composta da un corpo di ballo detto "O' Ndreccio" (l'intreccio) nel quale donne ed uomini, vestiti con abiti tradizionali, reggono un semicerchio infiorato e ballano su una melodia prodotta da un tamburo a bacchetta, una grancassa, da piatti e da una melodiosa ciaramella. L'intreccio è contornato da varie figure e della "Zeza": è un canto dialogato recitata da quattro figure: Pulcinella, sua moglie, la figlia Vincenzella e l'innamorato Don Nicola.
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